Maternità surrogata: in arrivo un nuovo danno da alienazione parentale?

Recentemente il dibattito giuridico si è nuovamente acceso in tema di maternità surrogata o, più volgarmente utero in affitto, in ragione di proposte di legge (prima firmataria on. Carfagna) per inasprire il divieto, già previsto in Italia dall’art. 12 della legge 40/2004 ed estendere la punibilità anche ai fatti commessi all’estero. La pratica consiste nell’impianto di un embrione nell’utero di una donna che può avere o meno preso parte al processo di generazione dell’embrione impiantato, la quale si impegna, contrattualmente, a portare avanti la gravidanza, mantenendo uno stile di vita consono ad evitare pregiudizi al nascituro.

Tale intrinseca illiceità della surrogazione di maternità è stata anche recentemente confermata dalla Corte Costituzionale nella sentenza 33/2021, red. Viganò, che ha definito la pratica “offensiva della dignità della donna e lesiva delle relazioni umane”.

Nella suddetta sentenza, però, è stato posto invito al legislatore a dare riconoscimento all’interesse del minore a vedersi riconosciuto un rapporto parentale con i genitori c.d. intenzionali (non necessariamente coppie omoparentali), in ragione dell’interesse al mantenimento di stabili rapporti familiari.

Ci si domanda in questo contributo se da questo filone giurisprudenziale, il quale ammette nell’ordinamento la trascrizione di atti di nascita formati all’estero, riconoscenti i genitori intenzionali quali genitori del minore nato da maternità surrogata si possa arrivare al riconoscimento, in futuro, di una nuova forma di danno da alienazione parentale.

Nell’ordinamento italiano il danno da perdita del rapporto morale è quel tipo di danno non patrimoniale che si verifica allorquando un fatto, astrattamente previsto dalla legge come reato, produca l’uccisione o la perdita significativa di rapporti parentali (ad es. il sinistro che comporta la morte incolpevole del conducente darà luogo a danno da alienazione o perdita del rapporto parentale in capo ai familiari).

Nel caso di specie ci troveremmo di fronte ad un minore, nato da maternità surrogata, i cui genitori legalmente riconosciuti avrebbero contrattualmente reciso il rapporto tra il minore stesso e uno dei suoi genitori biologici, oltre che dalla madre gestante.

Pare interessante indagare se, quindi, dalla volontaria recisione del legame biologico nascente dall’illecito (e penalmente presidiato) contratto di maternità surrogata possa nascere in capo al minore un diritto al risarcimento nei confronti del genitore intenzionale.

A parere di chi scrive non è ipotesi priva di fondamento, posto che la giurisprudenza nel tempo ha sempre valorizzato il diritto a conoscere le proprie origini biologiche (Cass. Sez. Un. 1946/2017), confermando indirettamente l’esistenza, seppure potenziale, di un rapporto parentale di stampo biologico la cui estrinsecazione non può essere mai negata.

Da ciò ne discende che in futuro, analogamente a quanto avvenuto con il dilemma giuridico riguardante il diritto del nascituro a “non nascere se non sano” (Cass. 25767/2015), la giurisprudenza si dovrà necessariamente confrontare con le pretese risarcitorie del nato da maternità surrogata nei confronti dei genitori intenzionale, per averlo privato dei legami biologici.

Sarà interessante, inoltre, andare a valutare il quantum risarcitorio posto che il minore, oggetto del contratto di maternità surrogata, ha pur sempre tratto beneficio dall’accudimento parentale dei genitori intenzionali, godendo di rapporti parentali nuovi sorti recidendo quelli biologici.

avv. Stefano Kaczmarek