Testamento biologico e DAT, opportunità o rischio?

Sono trascorsi ormai 3 anni dall’entrata in vigore della legge n. 219 del 2017 sul consenso informato e il c.d. biotestamento, nella legge chiamato “Disposizioni Anticipate di Trattamento” (di seguito per brevità DAT). Il percorso parlamentare e sociale è stato travagliato e ricco di grandi contrasti tra chi invocava il diritto a lasciarsi morire, a non farsi curare o comunque a poter decidere in piena autonomia e senza limiti e chi, dall’altra parte, vedeva la vita e quindi i trattamenti sanitari salva-vita come un’estensione del principio di sacralità della vita e, pertanto, indisponibili e obbligatori.

Senza entrare, in questa sede, nel complesso dibattito etico, si noti che, come spesso avviene, la legge infine partorita è stata frutto di un grande compromesso capace di scontentare un po’ tutti.

Da un punto di vista sociale e giuridico pare però potersi cogliere una nuova opportunità per tutti e cioè quella di poter esprimere in maniera pubblica e vincolante i propri desiderata, rispetto ai trattamenti sanitari e non da ricevere e subire in caso di infutura incapacità a decidere.

L’attuazione della legge, come noto, complice anche la tardiva istituzione della banca dati nazionale delle DAT, è stata molto al di sotto delle aspettative, con percentuali basse di popolazione che hanno effettivamente scelto di ricorrere a questo strumento.

Ciononostante nella proposta legislativa pare potersi cogliere qualche opportunità e qualche rischio.

Opportunità:

  • Le DAT sono indeterminate in contenuto e forma, non richiedono un particolare esborso economico e quindi si adattano ad essere fruibili da tutti, sia da chi le intenda come strumento contro atti terapeutici sempre più invasivi e penetranti, sia da chi se ne voglia avvalere proprio per garantirsi di essere curato sempre e comunque, anche quando non vi è convenienza economica per esempio.

  • Le DAT si prestano bene anche ad essere utilizzate come strumento complementare al proprio testamento patrimoniale potendo diventare, oltre che strumento di “consenso informato anticipato”, anche un vero e proprio testamento spirituale, che racchiuda le proprie convinzioni etiche, filosofiche e religiose. Non sono pochi in ambito giuridico a suggerire di inserire tali affermazioni per permettere una più corretta interpretazione delle disposizione che altrimenti sarebbero seccamente rigide e difficilmente adattabili ai casi concreti.

  • Le DAT sono, quindi, innanzitutto, anche un momento di riflessione sul valore che si dà alla propria esistenza, al proprio ruolo familiare e sociale e alla fine della propria vita. Con una particolare attenzione anche ai rapporti significativi che si sono instaurati e che possono sfociare sia nella designazione di un fiduciario che attui le DAT, di un fiduciario che decida per il disponente (non solo al posto ma anche a favore, nel suo interesse) e dei soggetti destinatari delle informazioni sanitarie sul suo conto.

Rischi:

  • Il rischio più importante delle DAT è che si attuino modalità di eliminazione sociale delle persone in condizione di solitudine. Le statistiche, infatti, sottolineano come le persone sole e particolarmente le persone anziane, siano i principali fruitori delle DAT. Alcuni sostengono che una volta in condizione di incapacità, non avrebbe senso il prolungamento della propria esistenza, non avendo qualcuno di significativo con cui condividere sofferenza e malattia. È sicuramente un dato che deve far riflettere.

  • Altro rischio degno di nota è quello di prendere decisioni sul fine vita sullo slancio di un fatto emotivo o ideologico e aversene a pentire in sede di attuazione. Le DAT sono nate sullo slancio della negatività delle manovre invasive di rianimazione, quali l’intubazione e l’inserimento di cateteri e accessi venosi, ma ad oggi, in piena pandemia, il dibattito sociale è incentrato sull’allocazione delle risorse sanitarie quali respiratori, posti letto, vaccini. Le linee guida dettate dalla Federazione degli Ordini dei Medici e della Società Anestesisti e Rianimatori (Documento congiunto FNOMCEO e SIAARTI) valorizzano le DAT come criterio di accesso ai posti in terapia intensiva. Si può immaginare come in una situazione di pandemia come oggi, o in altra situazione come un terremoto, il rifiuto aprioristico e predeterminato delle manovre di rianimazione, senza nemmeno ponderare i possibili esiti possa essere, nei fatti, controproducente.

  • Ultimo rischio, sottolineato in maniera unanime, è quello della mancata attuazione. Si può immaginare come una persona rimanga vittima di un sinistro stradale e, pur avendo redatto correttamente le DAT, venga sul posto rianimato dagli operatori di 118 che magari non abbiano contezza dell’identità del soggetto, incosciente e solo, o del fatto che abbia effettivamente stilato le DAT.

Conclusa questa preliminare e sommaria carrellata su rischi e opportunità della DAT, nei prossimi giorni procederò a dare consigli per la corretta redazione delle DAT.

avv. Stefano Kaczmarek